La produzione del sale nelle Saline di Cagliari
Testo tratto dalla pubblicazione “Il paesaggio delle vie d’acqua a Cagliari”.
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Prelievo ed accumulo del sale
Nei bacini salanti, attraverso il processo della attelatura, l’incrostazione salina veniva suddivisa in quadrati di 6x6m, riuniti poi in cumuletti (mucchi conici) per favorire lo scolo dell’acqua; da qui veniva prelevato con le coffe, contenitori a spalla che potevano contenere circa 40 kg di sale. In uso sino al 1940, le coffe vennero sostituite (sino agli anni ’60) dalle carriole con una portata di circa 50 kg; il sale così trasportato veniva depositato a formare dei cumuli prismatici con sezione a triangolo scaleno alti 3-4m. Le sezioni della Salina in cui venivano allineati i cumuli di sale erano dette: 1a, 2a e 3a partita; i lavoratori tipici addetti ai cumuli erano il configuratore che dava al cumulo la giusta configurazione ed il palettatore, solitamente un ragazzino, che con una canna munita di paletta asportava dai cumuli i residui di alghe delle caselle salanti.
La regatta consisteva nel taglio laterale della parte bassa del cumulo con conseguente crollo della parte alta; il sale attraverso le coffe veniva riversato nelle maone (tipiche barche di legno) trainate attraverso i canali prima dai forzati, poi dai cavalli ed infine dai locomotori elettrici, col sistema dell’alaggio che consisteva nel traino della barca con una fune attraverso la strada parallela al canale.
Con la meccanizzazione della Salina intorno agli anni ’60 i bacini salanti furono divisi in caselle larghe 150m e lunghe 250m-350m, il sale veniva trasportato da trenini elettrici azionati da un locomotore elettrico e i cumuli di sale vennero accorpati in un unico grande cumulo. Per tutto l’arco degli anni ’70 fu utilizzata una macchina raccoglitrice chiamata Mr che poggiava su 4 ruote in tubi-binario ed era azionata da un motore oleodinamico che permetteva alla macchina (dotata di due cabine di comando) di spostarsi lungo il margine delle caselle salanti e tagliare l’incrostazione salina attraverso una sega circolare; la fetta di sale così ottenuta veniva sollevata da un elevatore a tazze e caricata sul nastro trasportatore. Da qui il sale si riversava nei trenini composti da una locomotore diesel e 8 vagoncini ribaltabili che scorrevano su binari (per un’estensione di circa 30km) a scartamento ridotto (60 cm). I vagoncini erano provvisti di chiesuole, strutture a doppio schivolo, su cui veniva fatto cadere il sale proveniente dalla Mr e scaricato una volta giunto nell’impianto di lavaggio, nell’aia di ammassamento e successivamente nel convogliatore presso il silos alla Palafitta. A partire dagli anni ’80, quando si passò alla raccolta pluriennale del sale, ai trenini furono preferiti i camion.
Trattamento del sale
Attraverso i trenini il sale veniva portato all’impianto di lavaggio (Ls) e scaricato attraverso un convogliatore a tramoggia confluente in due vasche in pendenza. All’interno delle vasche si trovavano due coclee che girando spingevano il sale in avanti sino al terminale; qui, procedendo in senso opposto, veniva lavato dall’acqua a densità tale da non scioglierlo. Dopo il 1972 le coclee vennero sostituite con nastri d’acciaio inossidabile dotato di ugelli attraverso cui getti a pioggia lavavano il sale.
Così lavato, con le maone attraverso il canale della Palma, il sale da purificare arrivava all’edificio dei Sali Scelti (oggi sede della Direzione del Parco Molentargius Saline). Mediante trasportatori a nastro ed elevatore a noria il sale grezzo veniva portato all’ultimo piano dell’edificio, dove cominciava la lavorazione attraverso il lavaggio con acqua satura, trattamento chimico, centrifugazione ed essiccazione con corrente d’aria prodotta da una caldaia. Con il passaggio ai vagli si ottenevano tre gradazioni: grossetto, minuto e macinato fine; infine il sale veniva insaccato in sacchi di tela Olona ed immagazzinato. La lavorazione del sale grossetto e minuto fu sospesa intorno al 1954 e la vendita portata avanti sino all’esaurimento delle scorte; il macinato fino fu invece prodotto sino ai primi anni ’60. La vendita del prodotto avveniva nell’ex impianto del gesso ubicato in prossimità delle vasche salanti, fra il canale della Palma e il canale di Palamontis; qui si era tentato di produrre il gesso (solfato di calcio), raccolto nelle vasche della salina di Quartu.
Per alcuni usi, non alimentari, il sale era sottoposto alla sofisticazione. L’impianto di sofisticazione, situato vicino all’imbarco del sale, era montato su ruote per gli spostamenti in ordine alo scarico nella stiva della nave. Il sale passava dal silos alla macinazione, veniva irrorato con il sofisticatore (solfato di ferro, soda Solvay, acido solforico, sublimato corrosivo, solfato di sodio, a seconda degli usi a cui era destinato) ed infine stivato nella nave.
Trasporto ed imbarco
Il trasporto del sale avveniva con le maone costruite e sottoposte a manutenzione allo Scalo, dietro l’edificio dei Sali Scelti. Davanti alla Direzione di effettuava la stazzatura delle maone, sulla base dei pesi posti a poppa ed a prua. Una volta giunte al canale principale, le maone venivano trascinate sino alla Palafitta e da qui, in carovane da 8 a 10, raggiungevano il porto di Cagliari grazie ai rimorchiatori a carbone. Alla dismissione delle maone in seguito alla costruzione del silos e all’ampliamento del porto della Palafitta, si fece ricorso alle barchette di ferro trainate (in gruppi di 6-10) da trattori elettrici e da rimorchiatori a propulsione cicloidale. Il tutto sino all’introduzione dei trenini e dei camion, quest’ultimi negli anni ’80.
Nel 1928 fu realizzata la Darsena del Sale nello sbocco a mare del canale di S. Bartolomeo (della Palafitta). La sua limitata profondità però permetteva operazioni di carico solo a battelli che non superassero le 1500t di stazza; quindi le navi di dimensioni maggiori continuavano ad utilizzare il porto. Intorno agli anni ’50 fu progettato il silos per il deposito del sale, così da ottimizzare il lavoro di carico delle navi nella Darsena. Il silos, chiamato Capannone Nervi (perché sorto sul progetto di Pierluigi Nervi), a pianta rettangolare è costituito dal volume principale a sezione parabolica, sormontato dal parallelepipedo del nastro trasportatore per lo stoccaggio del sale negli scomparti interni; a destra del capannone, in successione si trovano il lungo corpo rettangolare del corpo trasportatore, le tramogge e la gru per il sollevamento del sale.
Prodotti secondari nella Salina di Cagliari
A partire dal 1860 si cominciò la produzione dei sali potassici, sospesa qualche decennio più tardi e ripresa poi nel 1936. In quest’anno si avviarono anche la produzione di solfato di magnesio e del bromo.
Le acque residue dalla cristallizzazione del cloruro di sodio, dette acque madri, venivano convogliate nei bacini di Palamontis con uno spessore di 10-15cm sino al raggiungimento dei 32°-33° Bè (il Baumè è l’unità di misura della salinità dell’acqua di mare); per alzare ancora il grado di salinità le acque venivano convogliate in altri bacini in cui (intorno ai 34°-36°Bè) precipitavano i sali misti a basso tenore di magnesio. L’acqua continuava a transitare in altri bacini in cui, sollevata la salinità sino a 36,5°Bè, precipiteranno i sali misti ad alto tenore di magnesio continuando così la decantazione dei sali di magnesio richiesti dall’industria chimica e farmaceutica.
Le acque residue della lavorazione dei sali di magnesio, il salino potassico, venivano raccolte in altre vasche sino al raggiungimento di 38°-38,5°Bè e convogliate ai bacini de la Palma. Qui si otteneva la schoenite (solfato doppio di magnesio e potassio) aggiungendo al salino potassico acqua di mare in soluzioni di 28°-29°Bè che decantavano in diverse vasche sino alla precipitazione del prodotto. Dopo la raccolta, la schoenite veniva portata nell’edificio dei Sali Potassici e lavorato sino alla macinazione. Veniva usata soprattutto in agricoltura come concime ed anche come integratore alimentare nella pastorizia; per un breve periodo entrò nella catena di produzione dell’industria bellica. Quando si cessò la produzione le acque madri furono scaricate a mare.
Il bromo è presente come bromuro nelle acque del mare ed in maggiore quantità nelle acque madri da 28°Bè a 30°Bè. La sua estrazione avveniva con il metodo dello spostamento con l’utilizzo del cloro in torri di pietra inattacabili dagli acidi, dove si inviavano dall’alto le acque madri calde e dal basso si immetteva il cloro insieme al vapore acqueo che riesce a separare il bromo spostato dal cloro . In periodo autarchico il bromo era impiegato della rettifica delle benzine prodotte in Romania, nell’industria degli esplosivi (bromuri liquidi) e da quella farmaceutica.