Testo tratto dalle pubblicazioni “Quaderno di lavoro & Quaderno di Lavoro 2“.
Visita la galleria fotografica dedicata al Fenicottero rosa
Sebbene i Fenicotteri non siano gli unici abitanti degli stagni sardi, è certo comunque che sollecitarono più di altri la fantasia umana e a loro Grazia Deledda affida in un romanzo autobiografico i pensieri della giovane Cosima appena giunta alla stazione ferroviaria di Cagliari: “Uccelli mai veduti, con le ali iridate, si sollevano dallo stagno, come sgorgassero dall’acqua, e disegnarono sul cielo una specie di arcobaleno: forse un miraggio… a lei parve lieto auspicio“.
“uno spettacolo nuovo” descritto da Alberto La Marmora nel suo “Vojage en Sardaigne quello dei Fenicotteri, la cui particolare livrea suscitò anche nel francese Valery tanta meraviglia.
Ma storicamente, il Fenicottero è ricordato non solo per la sua bellezza ed eleganza. Gli antichi romani ne apprezzavano anche le carni, in particolare il cervello e la lingua. Cosa questa ancora in uso ai tempi dell’ornitologo Francesco Cetti che, circa due secoli fa, nei suoi scritti racconta di aver a sua volta assaggiato questi piatti pur non condividendo coi romani il positivo giudizio.
I femori di Fenicottero invece erano considerati lo strumento migliore per la costruzione delle launeddas, strumento a fiato a tre canne sardo, oggi esclusivamente prodotto con canne palustri.
Facciamo un giro attraverso il Mediterraneo e attraverso i secoli; vediamo quali sono i nomi dati al Fenicottero in alcuni paesi.
In Sardegna, nell’Oristanese, i Fenicotteri vengono chiamati in modo singolare e poetico: Genti arrubia (gente rossa); nella zona del Cagliaritano, invece, vengono detti: Mangonis.
I latini chiamavano questi uccelli phoenicopterus derivato dalla parola greca phoinikópteros che significava “dalle ali rosse, alirosso”.
In catalano il Fenicottero viene chiamato àlic roig che significa più o meno “aquila giallo-rossiccia”. Ma in catalano e provenzale medioevali si chiamava flamenc, letteralmente “fiammante, fiammeggiante”. Deriva da questo nome l’ornitonimo (cioè il nome di uccello) spagnolo flamenco, che ha dato a sua volta origine a flamingo, nome quest’ultimo che si usa in portoghese, inglese, tedesco, turco e in tante altre lingue.
In Sicilia il volatile è detto Nandu di li finestri (alla lettera “Fernando delle finestre” oppure Nandu di li furasteri (“Fernando dei forestieri”).
Nella Francia viene chiamato flamant mentre in arabo il nome del fenicottero è nuham, parola legata ad una radice verbale che significa all’incirca “respirare rumorosamente, fare dei versi respirando”; infatti i fenicotteri ogni tanto grugniscono.
Ma storicamente, il Fenicottero è ricordato non solo per la sua bellezza ed eleganza. Gli antichi romani ne apprezzavano anche le carni, in particolare il cervello e la lingua. Cosa questa ancora in uso ai tempi dell’ornitologo Francesco Cetti che, circa due secoli fa, nei suoi scritti racconta di aver a sua volta assaggiato questi piatti pur non condividendo coi romani il positivo giudizio.
I femori di Fenicottero invece erano considerati lo strumento migliore per la costruzione delle launeddas, strumento a fiato a tre canne sardo, oggi esclusivamente prodotto con canne palustri.
Facciamo un giro attraverso il Mediterraneo e attraverso i secoli; vediamo quali sono i nomi dati al Fenicottero in alcuni paesi.
In Sardegna, nell’Oristanese, i Fenicotteri vengono chiamati in modo singolare e poetico: Genti arrubia (gente rossa); nella zona del Cagliaritano, invece, vengono detti: Mangonis.
I latini chiamavano questi uccelli phoenicopterus derivato dalla parola greca phoinikópteros che significava “dalle ali rosse, alirosso”.
In catalano il Fenicottero viene chiamato àlic roig che significa più o meno “aquila giallo-rossiccia”. Ma in catalano e provenzale medioevali si chiamava flamenc, letteralmente “fiammante, fiammeggiante”. Deriva da questo nome l’ornitonimo (cioè il nome di uccello) spagnolo flamenco, che ha dato a sua volta origine a flamingo, nome quest’ultimo che si usa in portoghese, inglese, tedesco, turco e in tante altre lingue.
In Sicilia il volatile è detto Nandu di li finestri (alla lettera “Fernando delle finestre” oppure Nandu di li furasteri (“Fernando dei forestieri”).
Nella Francia viene chiamato flamant mentre in arabo il nome del fenicottero è nuham, parola legata ad una radice verbale che significa all’incirca “respirare rumorosamente, fare dei versi respirando”; infatti i fenicotteri ogni tanto grugniscono.